AsRoma, l'arte di comunicare
di E. Loffredo
Alla asRoma hanno messo in campo qualche esperto di comunicazione, la cosa è evidente se si confrontano le dichiarazioni di Totti e Garcia del dopo Juve-Roma con quelle che hanno incominciato a rilasciare da qualche giorno a questa parte. E, detto con animo malizioso, non è da escludere che i recenti premi di cui sono stati insigniti i due rientrino in una strategia di ripristino dell'immagine personale e di riflesso della società di appartenenza.
Non torneremo sulle parole spese dopo lo scontro diretto del 5 ottobre scorso tra bianconeri e giallorossi, ce ne siamo ampiamente occupati, la nostra condanna e la nostra censura (per quello che valgono) sono state da subito ispirate da una certa irritazione per l'ambiente giallorosso che disattese i valori del fairplay. Il confronto con le recenti esternazioni del capitano e dell'allenatore romanisti però si impone per capire il cambio di rotta.
Garcia ha vinto il premio dell'Università di Tor Vergata per "l'etica nello sport", nell'occasione per la prima volta ha abbandonato la sicumera di superiorità rispetto alla Juventus con conseguente ultra convinzione di vincere lo scudetto. Qualcuno gli avrà fatto notare che sbandierare tanta sicurezza alla lunga potrebbe risultare controproducente, un boomerang se nell'ambiente non tutti aderiscono alla stessa convinzione. Ci è arrivato persino Morgan De Sanctis, il quale senza mezzi termini ha detto che sarebbe stato meglio che quelle cose restassero nello spogliatoio e che così facendo l'allenatore si assume una bella responsabilità. Dichiarazioni che dopo la disfatta interna con il Bayern più che certezze possono aver creato delle consapevolezze sconfortanti e minatorie dell'autostima della truppa.
Le parole di Garcia a chi scrive suonavano più come un disprezzo per l'avversario («il campo ha dimostrato che siamo superiori»; che partita aveva visto?) che reale fiducia in sé stessi. La domanda che ci nasceva spontanea infatti era: ma ci crede davvero? Una risposta ce l'ha data qualche giorno fa il ds giallorosso, Walter Sabatini: «Difficoltà alle spalle? Non definitivamente, perché l'1-7 col Bayern ci ha buttato in una frustrazione da cui dobbiamo riemergere». Ah ecco.
Dopo quella sconfitta e la successiva del San Paolo Garcia è stato più contenuto almeno nei toni. Il suggerimento che evidentemente è stato dato al mister romanista è stato di essere sì fiducioso, ma più politically correct e di passare dal "vinceremo noi" al più diplomatico "ce la giocheremo fino alla fine". Anche questo significa "darsi una calmata", ne prendiamo atto. Se poi Rudi Garcia crede che una maggiore moderazione nei toni da sola basti come una salvifica scaramanzia, a noi fa solo piacere (tanto mica basta...).
L'altro protagonista come dicevamo è Totti. Quanta differenza tra l'intervista allo Stadium e il «dobbiamo riportare le famiglie allo stadio, soprattutto i bambini. Lo stadio deve essere un divertimento, uno sfogo, vedere il calore che ci trasmettono i bambini ci dà anche a noi in campo una motivazione in più per giocare anche meglio. I miei figli vengono spesso allo stadio ma a volte mi dicono: ho paura, non vengo. Purtroppo è la verità». Come per Garcia anche queste dichiarazioni sono state rilasciate a margine di un premio per la «lealtà e correttezza sportiva».
Non vogliamo commentare ulteriormente l'appropriatezza dei premi dati ad entrambi. C'è da augurarsi che l'etica di Garcia la si riscontri già dal prossimo turno di campionato, rispettando ad esempio il divieto di fare uso di ricetrasmittenti, e che quando Totti dice che «se mio figlio dovesse diventare un giocatore cercherò di spiegargli come comportarsi» non attinga alla lealtà e alla correttezza del Totti visto negli ultimi anni, ma a quello nuovo che vuole portare le famiglie allo stadio. Almeno così si darebbe un senso alla nuova strategia della comunicazione messa in campo dalla società giallorossa.
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