Silenzio e digiuno
di E. Loffredo
Antonio Conte è uno che all'occorrenza si tutela. Avendo visto che quanto dichiarato nelle conferenze prepartita viene spesso e volentieri "travisato" o strumentalizzato, avrebbe deciso di non tenere più (almeno fino a fine stagione) l'incontro con i giornalisti precedente le gare di campionato.
Questa decisione crea un'evidente ripercussione per gli operatori dell'informazione: non avere materiale per lavorare in occasione dei fine settimana di campionato. Siamo tutti consapevoli della tiratura che garantiscono le dichiarazioni del tecnico juventino, un personaggio che volenti o nolenti traina molto dell'interesse per la Serie A. Ne sono consapevoli anche al Corriere della Sera, tanto da richiedere pubblicamente all'allenatore di ritornare sulla sua decisione. Un appello che non assume i connotati della prevedibile reprimenda, che viene anzi anche simpaticamente argomentato con esigenze di pancia: «Ciò ci rattrista perché era un modo di conversare con l’allenatore della Juve senza l’elettricità di un post partita con i suoi episodi a favore e/o contro. E poi perché a trecento metri dallo Juventus Center c’è un’ottima pasticceria dove si consumano colazioni e merende deliziose. Nel rispetto di questa decisione, ci permettiamo una considerazione pacata e priva di qualsivoglia spirito polemico. Tra tutti i confronti con i media, quello della vigilia è sempre stato il meno cruento, senza le tensioni alimentate dalla tv per fare audience e senza gli interventi da tifosi di certi (sedicenti) giornalisti che popolano molti stadi, anche non di provincia. Questo perché i giornalisti che frequentano Vinovo hanno, se non un rapporto di amicizia (alcuni lo conoscono da 20 anni), almeno di consuetudine con Conte e anche quando pongono questioni sgradite lo fanno con garbo. Insomma, fanno il loro lavoro di professionisti, come Conte fa il suo e tutto resta nel campo della civile dialettica. Infatti, mai abbiamo visto Conte irritato al termine di quei 15/20 minuti a Vinovo. Al limite, avrebbe senso abolire il confronto dopo le partite. In tempi di società quotate in Borsa e di comunicazione d’impresa, ma non c’è nessuno che possa spiegare a Conte l’incongruità di tutto questo e a noi perché dobbiamo rinunciare alla pasticceria?»
Ecco, al di là del curioso "elemento dolciario", al Corriere della Sera dimostrano di ben conoscere uno dei problemi che affliggono la categoria di cui fanno parte: « gli interventi da tifosi di certi (sedicenti) giornalisti che popolano molti stadi». Il vero vulnus è la partigianeria e la mancanza di professionalità di chi rappresenta la categoria. Anche se questi cattivi esponenti fossero pochi (e purtroppo non è così) sarebbe comunque una colpa collettiva non emarginarli e magari escluderli dal gruppo di quelli che vanno in giro esibendo la tessera dell'Ordine dei Giornalisti. La «(sedicente)» parte sana è altrettanto colpevole se si avvede del problema solo quando ne subisce le conseguenze. Il "problema" non nasce oggi, la stragrande maggioranza dei tifosi juventini ha ben presenti nella mente quelli che noi definiamo "episodi di settantottismo". Non dimentichiamo moltissime prime pagine dei quotidiani «anche non di provincia», servizi televisivi, radiocronache di partite e interventi variamente disseminati anche sul web da parte di chi ha la patente da giornalista e fatti di disinformazione e livore verso i colori bianconeri.
Al Corriere della Sera hanno questa consapevolezza? Bene, ne approfittino per avviare una serena e schietta autocritica interna alla categoria (a cominciare dai vicini in rosa). Cerchino di riappropriarsi del senso più alto della professione che svolgono: informare al riparo da qualsiasi sventolio o sentimento di bandiera. E questo valga non solo per il calcio. Perché in effetti hanno bisogno di "riaccreditarsi" presso l'intera opinione pubblica, non solo juventina. Capiscano che informare non è «orientare».
Se invece, dopo le recriminazioni per la perdita della mensa di via Solferino (Link), il reale problema è il non aver pagata la trasferta fino a «trecento metri da un’ottima pasticceria dove si consumano colazioni e merende deliziose», la questione non si pone. Immaginiamo che Conte non sia così crudele da non mandare un vassoio dei graditi dolcetti. Preferiamo credere tuttavia che l'appello del Corriere non sia un ulteriore riscontro dell'italica priorità de magnà e beve. In attesa della loro serena riflessione noi stiamo simbolicamente #insilenzioconConte.
#insilenzioconConte